Prodani, Prima Guerra: ricordare i nativi del Litorale e del Tirolo – Interrogazione dd 22 ottobre 2015   Leave a comment

INTERROGAZIONE  A RISPOSTA SCRITTA
Prodani
Al Ministro della Difesa, al Ministero dei beni Cuturali e del Turismo
-per sapere
-premesso che

dopo l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando e della moglie Sofia avvenuto a Sarajevo, il 28 luglio 1914 l’Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Serbia; l’Imperatore Francesco Giuseppe, con il successivo proclama “Ai miei Popoli” del 31 luglio 1914, mobilitò le forze armate austro ungheresi, alla cui chiamata risposero i nativi del Litorale,  del Tirolo e della Valcanale (parte degli attuali Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige/Sud Tirol ).

il 97° Reggimento di Trieste partì per il fronte orientale l’11 Agosto 1914 con destinazione Leopoli dove, durante gli scontri con le formazioni russe, subì perdite pesantissime, pari ad oltre il 50% degli effettivi impiegati; il Reggimento fu ricostituito più volte con riserve e nuovi arruolati.

Numerosi altri reparti imperiali, come i famosi Kaiserjäger del Tirolo, la Marina imperiale e le formazioni dell’Esercito Nazionale austriaco fecero il loro dovere con abnegazione e non con odio verso l’Austria come tramandato dalla vulgata nazionalista. Ad esempio, Il 97° Reggimento KuK di Trieste che, secondo la propaganda sarebbe stato un reparto di disertori e lavativi, collezionò, in realtà, più di 3000 decorazioni al valore.

A seguito della dichiarazione di guerra del Regno d’Italia ai due Stati di Austria ed Ungheria, gli avi del circa 1 milione e mezzo di attuali cittadini italiani delle Province sopracitate, combatterono in difesa dei loro confini dalla nuova invasione.

I volontari tirolesi germanofoni e neoromanzi del Tirolo, in numeri stimati da varie fonti dai 5mila ai 7mila 500, furono arruolati negli Standschützen dell’Esercito Nazionale austriaco, con età non ricomprese in quella di leva, dai 14 agli 80 anni. Combatterono ad Ala la prima battaglia delle Dolomiti e tennero la linea difensiva, da soli, fino all’arrivo di altri reparti dal fronte russo, continuando a battersi in seguito, fino alla fine della guerra.

Mentre i volontari delle altre zone costituirono un battaglione di Marina da Trieste, un battaglione di terra dalla Contea di Gorizia, un battaglione di terra dall’Istria ed almeno una compagnia dalla Valcanale.

Per la Marina Imperiale, il 20% circa degli arruolati erano neoromanzi ed avevano studiato l’italiano a scuola come prima lingua. Più volte lodati dai Comandi e dagli ufficiali, anch’essi in parte neoromanzi, furono decorati con diverse medaglie d’oro e con la Medaglia al Valore dell’Ordine di Maria Teresa, massima onoreficenza dell’Austria Ungheria.

I reparti dell’Esercito Imperiale, come il  X Marschbattalion del 97° Reggimento di Trieste, ebbe più di 800 perdite sul Monte San Michele nelle prime battaglie dell’Isonzo. Lo stesso dicasi per diversi altre formazioni, come ad esempio il 47° Reggimento che combattè lungamente sul Fronte dell’Isonzo, oppure i Kaiserschützen ed i Kaiserjäger che effettuarono azioni determinanti nel contrattacco di Kobarid-Krafreit-Caporetto ed in vari scontri sulle Dolomiti. Tutti questi ed altri reparti, vedevano la presenza dei nonni e bisnonni di una parte consistente di attuali cittadini italiani.

l numero totale dei combattenti del Tirolo, Litorale e Valcanale viene stimato in oltre 100.000 unità, oltre a migliaia di volontari. La presenza di volontari delle stesse terre sul fronte opposto era meno significativa: recenti ricerche hanno dimostrato che i “volontari giuliani“ di Trieste del 1915 furono qualche centinaio, mentre i volontari della “legione trentina“ non sembrano, per analogia e vari indizi, stimabili in numeri maggiori.

Lorenzo Baratter, Storico e Direttore del Centro Documentazione Luserna, nella ricostruzione storica pubblicata su sito web I Recuperanti.it, narra le sorti dei quasi 60.000 trentini che combatterono per l’esercito nazionale austriaco ed imperiale austro-ungherese durante la Grande Guerra. Nel dopoguerra, a seguito del bando emesso il 16 novembre 1918 dalle nuove autorità italiane, dovettero affrontare lunghe prigionie e furono “esclusi de jure dal Governo italiano, in quanto ex-nemici, dai benefici assistenziali organizzati per gli ex combattenti, per i mutilati e per le altre categorie di vittime della guerra”.

Molti degli imprigionati e deportati a guerra terminata, con particolare riferimento ai volontari ed ai cosiddetti “austriacanti”, tornarono alle proprie case solo nel 1920, mentre altri non vi fecero più ritorno, in quanto deceduti per cause sanitarie durante la prigionia.

Nel 1921 il decreto del Prefetto Guadagnini ordinò di cancellare le parole “Tirolo” e “tirolesi” da qualsiasi supporto scritto, comprese le lapidi ed i monumenti ai caduti dei territori conquistati e di trasferire le tombe dei caduti in luoghi anonimi. Iniziative analoghe avvennero nel Litorale e nella Valcanale.

La storia dei soldati nativi del Tirolo, del Litorale e della Valcanale che hanno combattuto e sono caduti indossando le divise austriache ed austro-ungariche, è stata tenuta in sordina e nascosta dalla propaganda politica, già dall’Italia parlamentare del 1918 ma ancora di più dalla successiva Italia fascista, che del mito della “Vittoria mutilata“ e di Vittorio Veneto fecero dei cavalli di battaglia ideologici, ommettendo volutamente il racconto di questi avvenimenti.

Successivamente, la storiografia ufficiale italiana ha proseguito la narrazione classica, restando legata ad una visione “patriottica” e “liberatrice”, spesso trascesa in un vero e proprio nazionalismo assimilatore, atta ad esaltare l’epopea dell’esercito italiano durante la Prima Guerra Mondiale e continuando a trasmetterne i miti. Solo negli ultimi anni si è assistito ad un approfondimento delle “storie nascoste” grazie ad una maggior attenzione ed una diversa sensibilità di ricerche storiche e pubblicazioni, quasi tutte ad opera di eredi di quegli uomini condannati alla “damnatio memoriae”.

Il recupero storico delle radici di tanti cittadini italiani è tuttavia ostacolato dalla scarsa disponibilità di fonti archivistiche, distrutte e/o disperse dopo la fine della guerra. Negli anni ’20-30 del secolo scorso fu istituito lo “Schedario degli italiani delle nuove provincie già militari nell’esercito austro-ungarico, morti in seguito alla guerra”. Si tratta di un documento, dapprima custodito presso l’Ambasciata Italiana a Vienna, utilizzato durante il fascismo per la gestione delle pratiche di pensione che l’Italia riconosceva alle vedove dei circa 30.000 soldati caduti, poi segretato dalla politica di propaganda di allora.

Tale documento, ancora oggi, non risulta essere stato reso pubblico; l’accesso allo schedario potrebbe essere utile per compilare l’elenco dei soldati dei territori conquistati dall’Italia, morti per la loro Patria precedente e, soprattutto, apporterebbe un forte contributo al lavoro di ricostruzione dei fatti e delle vicende legati alle sorti dei militari e delle popolazioni delle terre conquistate;

in sede di approvazione alla Camera dei Deputati della proposta di legge A.C. 2741, contenente “Disposizioni concernenti i militari ai quali è stata irrogata la pena capitale durante la prima Guerra Mondiale”,  l’interrogante ha presentato, il 21 maggio 2015, l’ Ordine del Giorno n. 9/2741-A/1 con cui ha impegnato il Governo ad adottare le opportune iniziative per ricordare in modo degno il sacrificio di quei soldati nativi dei nuovi territori italiani caduti combattendo e indossando la divisa delle forze armate austro-ungariche;

secondo l’interrogante, appare quantomai opportuna la proposta di costituzione di una Commissione mista di storici italiani e dei Paesi eredi dell’Austria Ungheria che videro gli avi degli attuali loro cittadini coinvolti sul fronte italiano della Prima Guerra Mondiale.

L’obiettivo sarebbe di proporre una Storia condivisa da tutte le popolazioni oggi unite dai legami comunitari, anche alla luce della risoluzione del Parlamento Europeo del 2 aprile 2009 che,  contro alcune interpretazioni storiche distorte in senso nazionalista da parte dei Paesi membri, raccomandava di lasciare la ricerca storica ai professionisti, capaci di “utilizzare strumenti scientifici per studiare il passato sforzandosi di essere quanto più possibile imparziali”;

– se intenda reperire e pubblicare lo “Schedario degli italiani delle nuove provincie, già militari nelle forze armate austriache ed austro ungariche, morti in seguito alla guerra” in maniera da agevolare le ricerche e la compilazione  dell’elenco di costoro;

– quali provvedimenti intenda adottare, anche di concerto con le Regioni Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige/Sud Tirol, per incentivare lo studio e le ricerche dei documenti relativi ai fatti accaduti nei territori divenuti italiani e promuovere la conoscenza anche di questa parte della storia;

– se intenda adoperarsi per promuovere la costituzione di una Commissione mista di storici che abbia l’obiettivo di approfondire il periodo in oggetto e giungere alla proposizione di una storia quanto più possibile obbiettiva e condivisa

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